
In memoria di Pier Paolo Pasolini
Giovanni
Peli
Antonio Giacometti
Mauro Montalbetti
In
ricordo di Pier Paolo Pasolini è un testo
al servizio della musica. E per musica si deve intendere
musica contemporanea. Pasolini, uomo leonardesco dedito
con scandalosa dedizione, passione e competenza a moltissime
discipline, non parla di musica contemporanea e non usa
la nei suoi film. Pasolini non condivise la strada intrapresa
dalle avanguardie letterarie e musicali degli anni ‘60.
Fare musica contemporanea negli anni 60/70 significava
illudersi di creare un linguaggio universale, oltre la
parola ed il significato, e che tuttavia parlasse in profondità
a tutti gli uomini; del resto la musica ha sempre comunicato
senza dire. E, forse, ha fatto sì che molti poeti
ricercassero una lingua pura, nuova, vicina, fraterna,
come chiamò Pascoli quella lingua inesistente,
ma comunicativa, che lui inventò per una traduzione
di Orfano. Sappiamo che anche Pasolini è
sempre stato alla ricerca di una lingua analoga. La sua
lingua pura, agli esordi, è il friulano di Casarsa.
Ma a Pasolini questo non basta: la lingua pura deve essere
il mezzo comunicativo di un popolo puro, il frutto di
una terra pura. Casarsa. Ma Casarsa non vuole più
Pasolini che giungerà a Roma. A Roma si innamora
della presunta purezza della lingua dialettale e soprattutto
della gente che la parla, il sotto-proletariato urbano,
il Terzo mondo. Ma la lingua è una sola, Pasolini,
nella Divina Mimesis, lo dice chiaro: Conosci
la lingua colta, conosci la lingua volgare, come potrei
farne uso? Sono un’unica lingua: la lingua dell’odio.
La lingua è una sola, ed è la lingua dell’odio.
Forse Pasolini non voleva accettare l’esistenza
(o la possibilità) di una lingua astratta, slegata
dalla gente, dai cuori, dal sesso, dagli odori? Questa
lingua è la musica? Non voleva considerare che
questa lingua tanto cercata fosse al di là del
linguaggio verbale.
Nel mio testo la figura materna viene restaurata nella
memoria e contribuisce a creare quella disponibilità
intellettuale che porta alla scoperta di una nuova guida
spirituale. La guida ci aspetta nel silenzio; nel silenzio
delle parole, perché si arriva a quella verità,
a quella luce dove non è richiesto che di tacere;
ma qui c’è davvero silenzio? Descriviamo
dunque il cammino di un uomo alla ricerca di una guida,
forse di un nuovo se stesso che continui a vivere per
comprendere che nella luce della verità la lingua
non esiste, e, quindi, nemmeno l’odio. Ma forse
lì c’è musica.

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