Leggo su un pessimo quotidiano (tutti i quotidiani sono pessimi, attualmente, perché la comunicazione ha toccato il fondo, ma questo è un altro discorso) che un drammaturgo, viene definito “il più importante drammaturgo italiano”. Si parla di un vivo e vegeto autore di successo, tra l’altro, credo, piuttosto bravo. Ora, credo che tale semplice definizione nasconda alcuni gravi errori, irresponsabili per un giornalista. Innanzitutto creando una smodata curiosità per tale artista, reificandolo come un profumo, per esempio, per colpa di uno slogan, può facilmente far crescere nel lettore il pensiero: “Devo conoscerlo e una volta fatto sono a posto col teatro per tutta la vita”. Che è poi simile alla politica culturale dei Grandi Eventi, sempre seguiti e applauditissimi, che non sono altro che una moda come un’altra. Moda che non propone ma impone una partecipazione (surrettiziamente classista), ad un evento, solo perché se ne parlerà negli ambienti bene. Moda che non ha niente a che vedere con il rispetto e la curiosità, due parole magiche che sì, invece, possono far nascere la sete di cultura e la creatività. Inoltre direi che bisogna dire una volta per tutte alle persone che essere “importanti” non significa nulla, forse si può rintracciare nella carriera dell’artista in questione qualche riconoscimento e premio, che davvero non significa nulla se non che può legittimare qualche persona benvestita ad organizzare delle feste in onore del premiato. Sono davvero stratagemmi comunicativi di bassa lega, immolati sugli altari dell’apparenza; e della drammaturgia, dell’amore, dell’onestà intellettuale e della vita autentica, davvero, non gliene frega più niente (quasi) a nessuno.