In poche ore molte persone hanno partecipato alla campagna virtuale #jesuischarlie, anch’io. Subito ho visto una valanga di persone che hanno voluto fare una solitaria e secondo loro acuta campagna contraria, che trasudava snobismo. Le persone non andranno mai d’accordo. Le persone vogliono perdere tempo mostrandosi più argute intelligenti libere indipendenti e sopprattutto apprezzate “per quello che sono”. C’è gente che è divorata dal numero dei mi piace (e non lo ammetterà mai). Ho visto snob intellettuali dire che non possono scrivere Io sono Charlie perché hanno già un Io destrutturato. Non si capisce che problemi dia loro allora dirsi anche Charlie. La rete dà a tutti l’illusione di poter dire qualcosa di interessante. E’ il parossismo della comunicazione. Ho visto un video molto bello del povero Pino Daniele che scoprendo come si usava Facebook, tra le risate, dice: “Ma quindi… posso dire tutto quello che voglio? (…) Ma allora si può capire quanto sono antipatico…”, o qualcosa del genere… Anni fa rifiutavo e dileggiavo la bandiera della Pace perché la consideravo un logo. Non è così, è soltanto il primo livello di partecipazione, ciò di cui abbiamo bisogno insieme al rispetto all’amore alla curiosità alla volontà di sapere e di vivere. Tuttavia, e ciò è inestinguibile, la comunicazione è sempre un grande inganno e risulta inefficacie, spesso con le persone che ci sembrano più vicine. La malafede, l’insofferenza, bassi istinti naturali che la distanza tra il pubblico e l’artista, il lettore e il giornalista, può scongiurare vengono esagerati sia dalla vicinanza fisica, affettiva, famigliare che dai social network, in cui ognuno senza pensare molto si offre “come davvero è”. Per fortuna non abbiamo visto foto più o meno intime di Dostoevskij. E grazie a dio l’abbiamo conosciuto per quello che aveva da regalarci: l’amore, voglio chiamarlo così. #resistiamopervivereinsieme